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Concessioni demaniali marittime, Confindustria Nautica contraria a riforma

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In Senato sta procedendo spedito l’esame del disegno di legge sulla concorrenza e Confindustria Nautica esprime la sua contrarietà all’emendamento che disciplina il rinnovo delle concessioni demaniali marittime tramite gare pubbliche, riguardante anche i porti turistici e gli approdi per la nautica da diporto. Approvato lo scorso febbraio dal consiglio dei ministri, l’emendamento recepisce quanto stabilito il 9 novembre 2021 da una sentenza dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato, che ha annullato la proroga delle concessioni demaniali marittime fino al 2033 disposta dalla legge 145/2018 e ha imposto di riassegnarle tramite evidenze pubbliche da effettuare entro il 31 dicembre 2023: secondo Palazzo Spada, infatti, la proroga automatica era contraria al diritto europeo e in particolare alla cosiddetta “direttiva Bolkestein” del 2006 sulla liberalizzazione dei servizi.

La misura proposta dal governo, che oltre ai porti e agli ormeggi riguarda anche gli stabilimenti balneari e tutte le altre attività commerciali sul demanio marittimo, aprirebbe alle gare delle concessioni con un punteggio premiante per chi dimostra già esperienza professionale nel settore e con il riconoscimento di indennizzi economici per i precedenti titolari, ma secondo Confindustria Nautica «il nuovo sistema di assegnazione non prevede un regime di reciprocità con gli altri paesi dell’Unione europea, che non vi applicano la direttiva Bolkestein scritta per le gare di servizi pubblici come mense scolastiche e trasporti. Un imprenditore europeo potrà dunque fare concorrenza a uno italiano, ma non viceversa».

concessioni demaniali marittimeL’associazione ha sottoposto le sue critiche alla X commissione del Senato, dove è stata ricevuta martedì scorso in audizione insieme alle altre sigle rappresentative degli operatori del settore. Palazzo Madama sta infatti esaminando il testo in questi giorni, dal momento che il prossimo 14 marzo scadrà il termine per la presentazione delle proposte di modifica prima del voto in aula. «L’estensione di queste regole a porti e approdi della nautica avviene in contrasto con quanto previsto dallo stesso diritto europeo, perché la direttiva Bolkestein esclude espressamente l’applicazione ai porti e la Corte di giustizia dell’Unione europea ha anche sentenziato che questi ultimi vanno “equiparati alla locazione di beni”», ha commentato il presidente di Confindustria Nautica Saverio Cecchi (nella foto). «Non siamo contrari a nuove regole, ma poniamo con forza la richiesta di non applicare le norme pensate per le gare di affidamento dei servizi pubblici direttamente alla concessione di beni».

La materia è molto tecnica e complessa, ma in gioco ci sono migliaia di attività imprenditoriali lungo tutta la penisola italiana, che conta circa trentamila concessioni demaniali marittime tra porti e marine, stabilimenti balneari, ristoranti sul mare e negozi. Uno dei temi su cui lo scontro tra le categorie e il governo è più aspro riguarda il tema dell’indennizzo economico in caso di perdita della concessione: come sottolinea infatti Confindustria Nautica, «trattandosi di beni costruiti dal concessionario, il riconoscimento deve assolutamente essere commisurato al valore commerciale dell’azienda e non al mero avviamento», come invece propone la bozza di legge. «Diversamente, l’incameramento dei beni da parte dello Stato si trasforma in un vero esproprio».

Ma le criticità del provvedimento non sono finite qui. Conclude infatti Confindustria Nautica: «L’esito negativo di una gara, nel caso di una concessione di un bene demaniale, vuol dire perdere tutta l’azienda, tutti gli investimenti, tutti i beni immobili costruiti, tutto il personale formato e tutti i clienti, contemporaneamente. Inoltre l’emendamento del governo, pur riconoscendo la specificità di porti e approdi del diporto, gli applica direttamente le norme previste per le spiagge, come per esempio la previsione di assicurare la costante presenza di varchi per il raggiungimento della balneazione, che in un approdo è vietata per ovvie ragioni di sicurezza; o il frazionamento delle concessioni portuali in piccoli lotti e la preferenza che deve essere assicurata per le attrezzature completamente amovibili, che non possono evidentemente trovare applicazione per i porti».

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