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Gassa, quando è l’amante che fa il nodo

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Si tratta del nodo forse più utilizzato a bordo, che ha due caratteristiche fondamentali: realizza un occhiello utilissimo e sicuro in tante condizioni ed è facile da sciogliere.

La gassa d’amante, chiamata anche nodo del bombardiere o nodo bulino (in inglese bowline), è anche un nodo antichissimo. Il famoso John Smith, il fidanzato di Pocahontas per intenderci (non stiamo scherzando, Pocahontas è esistita davvero) ma soprattutto grande marinaio e primo capo di un insediamento britannico nell’America Settentrionale, ne parla già nella sua Seaman’s Grammar nel 1627.

Si dice che se ne sia trovata traccia anche fra i resti della Barca del Sole di Cheope scoperta in Egitto. Fatto sta che la gassa, nei secoli, ha resistito indomita, anche se insidiata da una serie infinita di varianti nella sua esecuzione che oggi pullulano in internet.

Noi ci limitiamo a mostrarvi nel video la sua esecuzione più classica.

Per prima cosa si deve fare una volta o collo, chiamato più comunemente ma impropriamente occhiello, “spingendo” il dormiente sotto la parte finale della cima, ossia il corrente.

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Quindi si fa passare il capo libero, il corrente, dentro il collo da sotto, e poi ancora sotto al dormiente come se lo abbracciasse.

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A questo punto il corrente rientra nel collo parallelamente a se stesso e si serra.

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Questo nodo ha una tenuta eccezionale quando è sotto sforzo. Quindi è ottimo per un ormeggio oppure per fissare drizze e scotte. Ma non è un nodo tuttofare, soprattutto perché se non è in tensione può tendere a sciogliersi.

Il limite è che eseguirlo su una cima in tensione è, a nostro avviso, impossibile.

Ma perché si chiama gassa d’amante? La gassa, secondo la classica definizione, è “un anello, generalmente all’estremità di un cavo, realizzato mediante impiombatura o nodi speciali”. E fin qui siamo d’accordo.

Ma perché amante? Una probabile spiegazione sta nel fatto che negli antichi manuali si fa riferimento alla parte terminale di una cima in particolari impieghi, chiamandola “amante”.

Nel pregiatissimo “Dizionario Scientifico Militare per Uso di Ogni Arme” […] “riguardante il linguaggio tecnico delle militari scienze e di tutte quelle che vi hanno rapporto” di Guido Ballerini, Napoli 1824, si legge in più parti il termine amante riferito alla parte terminale di una “corda”.

Nel nostro caso, è evidente come l’amante ne faccia di tutti i colori per riuscire nel suo scopo: abbracciare il dormiente e  realizzare il suo sogno di congiungersi in una solidissima gassa. A ragione dunque, questa gassa possiamo definirla dell’amante.

3 Comments

  1. Sì chiama gassa d’amante per una semplicissima ragione: è un nodo che lega ma non strozza e ricorda perciò il legame tra due amanti. Di ben altra natura può risultare il legame matrimoniale per il quale l’analogía riporta al nodo scorsoio, che oltre a legare anche strozza. 🙂

  2. il nodo bulino, usato abitualmente per legarsi con la corda da arrampicata, in realtà è leggermente diverso.
    La diversità consiste nel fatto che l’amante, anzichè rimanere all’interno della gassa, ne esce all’esterno.
    Potete farlo con il corrente (amante) che alla prima uscita dall’asola si incrocia (anzichè correre parallelo) al di sopra di essa e dopo aver girato sotto al dormiente rientra nell’asola uscendone esternamente alla gassa. Ha il difetto che l’amante, essendo esterna al nodo, tende ad impigliarsi nelle altre manovre. Concordo con voi che la gassa è praticamente impossibile eseguirla su una cima sottoposta a forte tensione per cui, dopo aver dato volta alla cima dentro ad un anello d’ormeggio, si necessita saper eseguire con il corrente un nodo di bozza o un prussik eseguito attorno al dormiente in tensione: questi due nodi permettono di recuperare facilmente il bando che dovesse formarsi successivamente all’esecuzione del nodo, facendoli scorrere lungo il dormiente quando perde tensione.

  3. “Amante” è ancora oggi il nome dato alla drizza che issa l’antenna cioè il pennone della vela latina.(da parte degli appassionati delle barche così armate e tuttora naviganti). Da essa deriva anche il suo figlioletto, l'”amantiglio”, che issa e ammaina boma e tangoni. L’atto di amare era riferito probabilmente alle volte date al pennone per sorreggerlo

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