In cerca della cernia bruna con l’inchiku | TuttoBarche
Una cernia non ha resistito alla forza catturante di un pesante inchiku

Signora indiscussa delle grandi franate, dei cunicoli e dei labirinti più nascosti delle cavità e delle pareti rocciose, la cernia bruna è un pesce che frequenta una vasta gamma di batimetriche.

Nei periodi più freddi staziona a profondità più elevate, fino ad arrivare a quote di molte centinaia di metri di fondo, per poi migrare nel periodi più caldi in aree caratterizzate da fondali decisamente più bassi.

Le cernie più piccole possono essere incontrate anche su pochi metri d’acqua mentre, invece, gli esemplari più grandi, che oltre i 70-90 cm ricordiamo essere tutti maschi, in seguito all’inversione sessuale legata all’ermafrodismo, tendono a stazionare su fondali oltre i 25-40 m (aree più tranquille e lontane dalle insidie quali, per esempio, i pescatori subacquei).

Nelle aree più calde del Mediterraneo, invece, e potrei portare l’esempio di alcune zone di mare comprese tra le calde isole greche, dove in estate non è alto il ricircolo dell’acqua, non è raro, anche in pieno estate, trovare le cernie brune su fondali oltre gli 80m.

La cernia è un pesce piuttosto famelico, e la cosa più importante è riuscire a passare a tiro delle sue fauci. Possiamo pescarla a traina, con morto manovrato e con tutte le tecniche verticali. Sta di fatto, però, che un tecnica, in particolar modo, si confà alla perfezione alle abitudini di questo predatore bentonico: l’inchiku.

Con l’inchiku si può

Data la potenza delle nostre prede, è fondamentale cambiare gli ami originali agli artificiali, quindi, applicare sempre due ami robusti o, in alternativa, un singolo grande amo

A parte le migrazioni stagionali, la cernia è un pesce molto stazionario, tornando ogni anno nella stesso zona di residenza.

Trovata un’area adatta alla sua alimentazione, e che le garantisca la giusta tranquillità, lì passa il suo tempo tra una fase predatoria ed una di riposo.

A volte, in condizioni particolari di forte mangianza, può spostarsi da una delle sue tane, ma sempre gravitando nell’area sua prediletta.

Da qui si capisce bene quanto sia importante approcciare con una tecnica di pesca che ci consenta di sondare, pietra per pietra, caduta per caduta, tutta la  zona scelta.

E ciò è spesso molto più fattibile con tecniche verticali che non con una azione di traina lineare, a meno che non siamo in zone che si caratterizzano per un fondale particolarmente omogeneo.

Ogni pesca verticale è potenzialmente valida, infatti, l’importante è riuscire a “cadere in testa” alla cernia con la nostra esca e, il più delle volte, l’attacco della cernia è fulmineo, essendo un pesce che va poco per il sottile: attaccando molti tipi di esche e dalle colorazioni più diverse.

Anche se il più delle volte, arrivati a fondo, e mettendo la lenza in tiro, ci accorgeremo che il pesce ha già l’esca in bocca, in molte altre occasione la cernia attaccherà l’esca nei primi metri di recupero.

Il corpo dell’inchiku conferisce all’artificiale un particolare nuoto e una determinata discesa verso il fondo.

Poiché, come potremo intuire guardando il suo corpo, la cernia non è una velocista, saranno sempre i recuperi più lenti quelli vincenti. Proprio per questo, gli artificiali da inchiku, che nella maggior parte dei modelli riescono ad essere molto catturanti se jerkati lentamente, risultano micidiali.

Come ben sappiamo, l’artificiale da inchiku è composto da due parti: l’octupus e il corpo, che conferisce all’artificiale il nuoto e una determinata discesa verso il fondo, oltre ad esserne la reale zavorra.

Tutti gli inchiku nati per essere manovrati lentamente sono potenzialmente validi per la cernia, ma credo che il grande valore di questi tipi di artificiali ricada nell’octupus.

L’octupus è una parte fondamentale. La sinuosità e il movimento di questa parte siliconia è probabilmente ciò che rende l’inchiku così attraente agli occhi della nostra amata cernia.

La sinuosità e il movimento di questa parte siliconia è probabilmente ciò che rende l’inchiku così attraente agli occhi della nostra amata amica pinnula.

Ho sempre pensato che l’octupus, unito alla parte più rigida del corpo dell’artificiale, ricordasse uno dei cefalopodi di cui essa si nutre, come una piccola seppia o un piccolo polpo di cui la cernia va letteralmente pazza.

Proprio per questo, nonostante sono molti i colori che la cernia attacca senza troppa sospettosità, sono i toni che ricordano il polpo che a me hanno dato sempre maggiori risultati.

Tra questi, quindi, rosa chiaro, rosa carne, fino ad arrivare al rosa acceso.

Ottimo anche il giallo glow, specie nelle giornate scure od orari crepuscolari, come anche il colore arancio o, anche, abbinamenti tra queste due tonalità.

Per quando riguarda il corpo dell’inchiku, il colore oro è sempre ottimo, ma anche l’argentato o tendente all’arancio.

Anche se parlare di tecnica puramente mirata alla cernia è forse un po’ eccessivo, essendo quest’ultima spesso più rara rispetto ad altri pesci target come i dentici, comunque avere alcune accortezze non guasta mai.

Infatti, è sempre buona norma, una volta toccato il fondo con l’esca, partire con recuperi molto lenti e, eventualmente, accelerare un po’ dopo aver già sondando i primi metri della colonna d’acqua.

Se miriamo esclusivamente alla cernia, una volta toccato il fondo, sarà sufficiente alzarsi con il nostro inchiku 7-8 m, per poi rifar scendere l’esca verso il basso.

Se nell’area gravitano anche dentici, allora, sarà meglio alzarsi anche qualche metro in più, infatti quest’ultimi a volte inseguono l’artificiale per poi attaccarlo sugli strati più alti della colonna d’acqua. 

 

La potenza e la bellezza della cernia bruna fanno di questo pesce una preda molto ricercata tra i pescasportivi del Mediterraneo.
Emiliano Gabrielli

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