La regolazione della randa: quattro mosse per tenerla in forma

La regolazione della randa: quattro mosse per tenerla sempre “in forma”

Una buona regolazione della randa si riflette sulle prestazioni della barca intese nel loro complesso. Non stiamo parlando solo di potenza, anzi, stiamo parlando soprattutto di equilibrio. Ossia di regolazioni che ci permettano di avere un assetto corretto in funzione di tutte le variabili: intensità del vento, andatura, stato del mare.

Per realizzare questo ambizioso progetto, si devono in sostanza fare due cose: dare alla randa una posizione, ossia l’angolo della vela rispetto al vento, e una forma. Due obiettivi realizzabli grazie a una variegata serie di strumenti: la drizza, la scotta, il trasto della randa e il vang, prima di tutto, e poi via via, il paterazzo, il cunningum le volanti, a seconda del tipo di imbarcazione su cui ci troviamo.

Vediamo quindi come agire su una normale barca da crociera utilizzando le manovre che abbiamo a disposizione senza limitarci al solo uso della scotta. Che è quanto normalmente accade. Ovvero si utilizza la sola scotta della randa cazzando e lascando a seconda dell’andatura fino a quando la vela non smette di pungere e i filetti sulla balumina si orientano paralleli alla coperta. Vediamo come è invece possibile utilizzare più manovre.

Con la scotta della randa si da una forma alla vela. Cazzandola si riduce la svergolatura, lascandola la si accentua. Lo spostamento laterale del boma, rispetto alla modificazione della forma, è minimo

Innanzitutto occupiamoci della forma della randa eseguendo la prima manovra, ossia l’issata. Qui è d’obbligo una premessa. Anche se prenderemo in esame una vela per volta, randa e genoa interagiscono fra di loro, e una ottimale regolazione della randa la si ottiene quando si è issata anche la vela di prua.

Per il momento procediamo con la sola vela maestra cazzando la drizza. La tensione della drizza deve essere proporzionata all’intensità del vento. Se è troppo tesa, la randa mostrerà delle pieghe verticali vicino all’inferitura che invece dobbiamo far sparire. La stessa cosa vale per la tensione della base, che se è eccessiva causa delle pieghe orizzontali.

Usare la scotta

Una volta issata e poggiato per protarci di bolina e regolata la tensione di drizza e base, possiamo lavorare con la scotta per darle una forma corretta. Cazzando la scotta il risultato che si ottiene è soprattutto quello di abbassare il boma e di conseguenza di ridurre la svergolatura nella parte alta della vela. Viceversa, lascando la scotta, il boma tende ad alzarsi con il conseguente aumento della svergolatura. In linea di massima, per avere una corretta svergolatura della randa, sempre che la vela non sia usurata e ridotta ad un sacco informe, l’ultima stecca in alto deve essere parallela al boma.

Ne deriva che se la stecca in alto punta sopravento, vuol dire che la vela è poco svergolata, ossia è troppo chiusa, viceversa, se la stessa stecca punta sottovento, è troppo svergolata quindi troppo aperta.

La corretta svergolatura della randa è molto importante, perchè l’intensità del vento è diversa a seconda della quota. Il vento reale che abbiamo in pozzetto, ossia all’altezza del boma, per effetto dell’attrito è inferiore rispetto a quelo che si avverte in testa d’albero, con una differenza che, a seconda dell’intensità del vento,  per un albero di 10_15 metri, può essere anche del 20-25%. La differenza di velocità del vento reale, modifica anche quella del vento apparente e la sua direzione, che man mano che si sale di quota, si allontana dall’asse della barca. Da qui la necessità di avere una randa svergolata che in tutte le sue parti abbia un corretto orientamento rispetto alle diverse direzioni del vento a seconda dell’altezza.

Usare il trasto

Una volta data la forma corretta, dobbiamo ora orientare correttamente la vela al vento. E lo si fa con il trasto. Si tratta di una manovra tutto sommato recente, introdotta negli anni ’50 sulle Star. Con il trasto possiamo separare la regolazione della forma, che si realizza con la scotta, da quella dell’orientamento, realizzabile agendo con il suo carrrello.

Muovendo il trasto infatti, si sposta sopra o sottovento tutta la randa, senza modificare la forma che le abbiamo appena dato.  Questa regolazione va effettuata in collaborazione con il timoniere. La barca deve farci sentire al timone una leggera tendenza all’orza, quasi impercettibile. Se fosse troppo forte, dobbiamno scarrellare un po’ sottovento, viceversa, potremo portare il carrello un po’ sopravento nel caso in cui la barca fosse troppo poggera. Se fossimo in regata, questa regolazione andrebbe effettuata di continuo, per mentenere sempre ottimale l’angolo di incidenza del vento sulla vela. Soprattutto sulle raffiche, quando il lavoro del randista al carrello del trasto è continuo e incessante.

In crociera ci possiamo accontentare. Spesso ci accontentiamo troppo, utilizzando solo la scotta. In effetti, la tensione della scotta, oltre ad agire sulla forma della randa, esercita anche uno spostamento laterale del boma, e questo porta i più pigri ad attribuire alla scotta la doppia funzione di orientamento e forma della vela.

L’uso del vang

Se stiamo navigando di bolina, l’uso del vang, su una barca da crociera, è quasi ininfluente. Cosa diversa quando si assumono andature più larghe, nelle quali il vang contribuisce in modo determinante alla regolazione della forma della randa, dando più svergolatura lascandolo, e riducendo la svergolatura cazzandolo, mentre la scotta ritorna ad avere solo una funzione di orientamento.

Nel caso in cui il vento rinforzi, si può cazzare la drizza della randa per spostare il grasso più verso l’albero e smagrire le zone d’uscita della vela

Base, drizza e cunningum

Tornando alla nostra navigazione in crociera, una volta data forma e posizione corretta alla randa, potremno ancora lavorare con il trasto al variare dell’intensità del vento. Se diminuisce, possiamo portare il carrello sopravento, manovra che insieme alla regolazione più lasca della base e della drizza, ci permetterà di dare un po’ più di grasso alla vela facendolo arretrare.

Viceversa, con vento che rinforza, porteremo il carrello del trasto sottovento,alleggerendo la pressione del vento sulla parte alta. Nello stesso tempo dovremo cazzare la drizza, per ridurre e spostare il grasso della vela verso l’albero in modo da rendere più magra l’uscita, e cazzare la base, per abbassare il grasso. Sulle barche con il cunningum, ossia quella manovra che permette di tesare l’inferitura dal basso, è molto più opportuno servirsene invece di cazzare la drizza.

Insomma, fissate queste quattro regole, ora sta a noi inziare a giocare con la nostra randa, usare scotta, trasto drizza, osservare gli effetti che ne derivano e cogliere le opportunità migliori che ci offrono. In fin dei conti, anche in crociera, ammettiamolo, fare mezzo nodo in più di quello che abbiamo davanti, è una piccola soddisfazione cui difficilmente rinunciamo

 

Nico Caponetto

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