La traina costiera: l'ABC della filosa | TuttoBarche
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l’ ABC della traina costiera: la filosa

Con questo nuovo appuntamento, qui su TuttoBarche Pesca, vogliamo andare a trattare, nei prossimi due articoli, un argomento che risulterà molto utile a chi per la prima volta si sta avvicinando alla traina costiera ma, nello stesso tempo, non mancheranno consigli anche per gli angler più esperti.

Cercheremo dunque di analizzare lenze, e consigli su come utilizzarle, che potranno essere impiegate sia trainando con un assetto più complesso, a 2/3 canne, ma anche per chi impiega solo una canna, magari traina con la barca a vela, e che sta solo cercando un bel pesciotto da cucinare a cena. Soluzioni valide sia pescando su fondali medio-bassi, di 15-20 m, magari trainato con piccole esche a 3/4 nodi, come anche trainando più lontano dalla costa, con esche di maggiori dimensioni, e magari a maggiori velocità (fino a 6-6,5 nodi).

Il minnow che mettiamo in coda alla filosa ha il compito di affondare la no-stra lenza. La paletta del minnow, in base alle dimensioni e all’inclinazione che ha, fa nuotare l’esca più o meno in profondità, e ne determina anche la massima velocità a cui può essere trainata.

Traina costiera: la filosa, una valida soluzione

La lampuga è un pesce target della traina di superficie, la possiamo trovare su molte batimetriche fino all’altura.

In questo servizio iniziamo a parlare delle filose, ovvero soluzione valide, molto semplici da realizzare, con cui anche un pescatore neofita potrà cercare grandi emozioni in cerca di predatori di piccola e media taglia. Potremmo definire queste soluzioni multi-target, infatti queste lenze possono essere impiegate in tante occasioni (specie nel periodo estivo e autunnale), facendole lavorare, come vedremo, a differenti profondità e adattandole a predatori di varie specie. Partendo dai più piccoli, potremo insidiare sugarelli, sgombri, lucci di mare, occhiate o lecce stella, fino ad arrivare a predatori più impegnativi, come tombarelli, palamite, tonnetti alletterati, lampughe e, magari più distanti dalla cosa, non potrebbero mancare sorprese come alalunghe o aguglie imperiali.

Personalmente, più volte, pescando in mari tropicali, mentre cercavo di procurarmi dei bonito da innescare vivi, con delle filose come quelle oggetto del presente servizio, ho avuto attacchi di pesci vela. Infatti in una foto al fondo dell’articolo, vedete un esemplare che, con un po’ di fortuna (data l’attrezzatura leggere impiegata) sono riusciti a portare a bordo. Insomma, un esempio, tanto per far comprendere che queste lenze possono essere funzionali per molti predatori target.

Le esche per la traina costiera sono molte, quindi sapere verso cosa orien-tare la nostra scelta è molto importante.

Che cosa è una filosa?

In coda alla filosa si può utilizzare anche un cucchiaino ondulante.

Parlare in maniera generica di una filosa non è semplice, infatti ne esistono veramente tantissime, con varie personalizzazioni e caratteristiche. Comunque, in parole semplice, questa è una lenza che viene trainata e che prevede più braccioli, in genere da due a quattro, a cui ad ogni bracciolo è legata un’esca. La filosa prevede poi, alla fine del trave centrale, un’esca di dimensioni superiori rispetto a quelle poste più in alto. Questa esca di maggiori dimensioni è in genere un artificiale di superficie, come un kona (se vogliamo far pescare la filosa sul pelo dell’acqua), o un minnow (come i comuni Rapala o Yo-zuri), che invece farà nuotare la lenza più in profondità, a seconda della grandezza e dell’angolazione della paletta che possiede. C’è anche chi preferisce, invece del minnow, inserire come esca finale un cucchiaino ondulante.

In ogni modo, tutte le soluzioni sopra proposte non fanno altro che essere delle presentazioni simili, ovvero delle simulazioni di un predatore più grande che sta inseguendo dei piccoli pesci preda.

Ora vi starete chiedendo: ma perché un branchetto di pesci, che scappano e si inseguono, sono più funzionali in termini attrattivi di un’esca singola?

Il sugarello è un piccolo predatore, divertente da pesca a traina, buono da mangiare, ma utile anche da utilizzare come esca viva.

Questo avviene per più ragioni, in primis perché le vibrazioni emesse da 3-4 esche sono maggiori delle vibrazioni emesse da una sola esca trainata, dunque questo fa in modo che un predatore venga richiamato da maggiore distanza.

Poi, se parliamo dei predatori target più piccoli, spesso questi vedono nell’esca di coda che insegue quelle più piccole, un concorrente che le spinge ad una frenesia alimentare, facendo abbassare loro i freni inibitori e facendoli attaccare senza indugio le piccole esche che solo le prime della filosa.

In altre circostanze, in cui riusciremo ad ingannare un predatore di grande taglia, che quasi sempre attaccherà l’esca di coda, quale potrebbe essere un kona jet o un pescetto finto, questo vedrà nella situazione che gli si presenta una scena che spesso incontra in natura, e che quindi riconosce come situazione molto più usuale che non un pesce che nuota da solo in mezzo al nulla.

Quindi, in parole povere, in questa circostanza è molto più portato ad attaccare, nella volontà di chiudere il cerchio di quella che potremo analizzare, facendo una battuta, come una vera e propria catena alimentare che avviene alla fine della nostra lenza.

Il dentice è un predatore pregiato, che spesso si fa tentare quando pe-schiamo con una filosa affondata. Attacca frequentemente il minnow finale.

Traina costiera: come realizzare la filosa in modo semplice

Tipica filosa con minnow in coda e due piccole esche siliconiche unite ai braccioli.

Come detto sopra, esistono molti tipi di filose, anche dalla realizzazione complessa, e a volte anche più valide di quella che stiamo per analizzare, ma in questo caso vogliamo spiegare a chi inizia che anche con un terminale semplice da costruire potrà ottenere ottimi risultati.

Dunque, non stiamo analizzando una lenza con snodi complicati, o che prevede braccioli dal diametro più piccolo del trave, ma bensì una lenza che andremo a costruire iniziando da un unico spezzone di filo. Partendo da quest’ultimo, la filosa che andremo a costruire avrà lenza madre e braccioli dello stesso diametro.

Prendiamo in esame dunque la più semplice delle filose, che prevede solo due braccioli e un’esca in fondo alla lenza: una filosa così porta ad ottimi risultati ed è veloce da costruire!

Nella parte alta della filosa meglio prevedere un nodo ad asola, che ci per-mette di unirla alla girella con moschettone della lenza del mulinello.
In questo caso, l’asola è realizzata con una redancia di protezione e chiusa con un nodo del tubicino (trovate il tutorial del nodo qui su TuttoBarche pesca)

Perché questa sia funzionale e non dia problemi di grovigli, potremo realizzarla prevedendo il primo bracciolo alla distanza di 60-100 cm dall’artificiale di coda: il bracciolo sarà lungo dai 7 ai 15 cm.

40/50 cm più in alto andremo a prevedere il secondo snodo, e dunque il secondo bracciolo che sarà della stessa lunghezza del primo.

 Circa a 60/70 cm dal bracciolo più in alto, prevederemo un nodo ad asola, così che la nostra filosa, una volta terminata e riposta nella cassetta da pesca, sarà pronta all’uso: infatti basterà avere una girella con moschettone sulla lenza che parte dalla nostra canna da traina e lì attaccare, tramite l’asola, la filosa al complesso pescante. L’asola, come potete vedere in foto, può essere protetta con una redancia fatta con un tubicino in kevlar verde, come quelli che si trovano in commercio.

Nel prossimo articolo analizzeremo, step by step, come costruire alcune varianti di filosa, per riuscire dunque a insidiare molti tipi di predatori, fino ai più pregiati e ricercati. Troverete poi consigli su velocità di traina, distanziamenti e affondamenti delle lenze.

Al prossimo appuntamento quindi, sempre dedicato alla  traina costiera!

Molti i predatori insidiabili con la filosa: qui un vela catturato (con l’aiuto di un po’ di fortuna) in Madagascar, in compagnia di un amico, mentre con la filosa cercavamo piccoli tonnetti.
Emiliano Gabrielli

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